Unacea, cosa succederà dopo Covid-19?

2020-03-26T12:20:24+01:0025 Marzo 2020|Categorie: Attrezzature, Movimento terra, Notizie|Tag: |

Si è da poco conclusa videoconferenza Unacea “Scenari economici del Covid-19 e macchine per costruzioni” con la quale l’Associazione ha cercato di fornire un primo quadro della situazione e dare una prima risposta alle domande e alle incertezze derivanti dall’attuale situazione di stallo dell’economia generato dalle limitazioni indotte dal propagarsi a livello, prima nazionale e poi europeo/mondiale, della pandemia Covid-19.

Luca Nutarelli

Ad aprire i lavori Luca Nutarelli, Segretario Generale di Unacea, che ha delineato innanzitutto alcuni obiettivi a breve termine dell’Associazione. Scopo di Unacea è quello di offrire soluzioni ai propri associati e in tale ottica, fa sapere Nutarelli: “abbiamo intenzione di creare un panel economico di esperti che possano valutare l’evolversi della situazione ed elaborare una strategia economica di settore per affrontare gli scenari post Covid-19”.

Si riaggancia a tale obiettivo l’incontro di oggi che parte dai risultati di un’indagine flash effettuata su un campione di 30 aziende allo scopo di delineare la situazione attuale (in realtà elaborata al 20 marzo 2020, ossia prima dell’entrata in vigore dell’ultimo decreto che impone la serrata di tutte le attività produttive non indispensabili). Un’indagine che comunque permette di delineare a grandi linee il sentiment degli imprenditori dopo i primi giorni di emergenza Covid-19.

Ecco il campione intervistato:

  • 68% produce macchine e attrezzature per le costruzioni;
  • 14% importa macchine e attrezzature per le costruzioni;
  • 18% produce o importa componenti di macchine e attrezzature per le costruzioni.

Di questo campione di aziende ben il 68% ha registrato decrementi negli ordini fino al 70% e il 16% stima una flessione del fatturato complessivo 2020 tra il 35% e il 70%.

Nel settore delle macchine da costruzione, infine, il 52% delle aziende che costruiscono o importano tali macchine prevedono una perdita fino al 70%, mentre il 48% è ottimista e si aspetta un aumento fino a un +10%.

Interessante infine l’analisi delle principali problematiche che la situazione Covid-19 ha innescato nelle aziende.

Partendo da questa analisi, Stefano Fantacone, direttore scientifico del Cer – Centro Europa Ricerche, ha esposto un’analisi più dettagliata delle prime valutazioni di impatto del fenomeno del razionamento dell’economia generato dai recenti accadimenti.

L’impatto economico in Italia

  • Contrazione del 3,3% del PIL pari a 55 miliardi di euro;
  • Perdita di 150.000 posti di lavoro (250.000 secondo la Contabilità Nazionale);
  • Contrazione del 5,1% dell’export;

Si tratta di cifre che già collocano l’impatto dell’epidemia Covid-19 ai livelli della crisi finanziaria ed economica del 2009 (che causò una perdita del PIL del 5,6% nel solo 2009).

Temporalmente come arriveremo al -5,1% di PIL?

La suddivisione temporale delle perdite è basata sull’ipotesi di una progressiva normalizzazione della situazioni sanitaria e sociale a partire da maggio.

Le perdite attese, segmento per segmento

A farne maggiormente le spese sarà la domanda interna (- 42,4 miliardi) seguita dai consumi (-29,3 miliardi), gli investimenti (-13,1 miliardi) e l’export (-27,8 miliardi). Se a tali perdite si sommanole cifre di quello che era l’andamento previsto del 2020 in crescita per tutti i segmenti, complessivamente l’Italia dovrà fare i conti con una differenza negativa rispetto al PIL del 2018 di 59,9 miliardi.

Guardando alla storia i conti non tornano perché…

Valutando le pandemie nella storia, l’impatto economico che queste hanno avuto è stato estremamente e compreso in una forbice tra lo 0,5% e il 5% di perdite del PIL. La Spagnola è stata storicamente la pandemia peggiore economicamente parlando, che in Italia causò 400.000 vittime. Quindi i conti non tornano perché a livello sanitario Covid-19 è sicuramente meno grave della Spagnola, ma causerà gli stessi danni economici se non addirittura maggiori.

Questo effetto è dovuto all’estrema interconnessione che la moderna economia nazionale ha con quella dei Paesi esteri e quella mondiale, che funge da moltiplicatore sia degli effetti positivi che negativi. La crisi del 2009 è quindi più calzante come termine di paragone in termini di effetti finali, cause e concause.

La differenza con il 2009… e la buona notizia

La situazione generata da Covid-19 a livello economico non è una recessione come quella vissuta nel 2009 e negli anni seguenti.

  • non dipende da patologia del sistema economico;
  • deriva dalle limitazioni ai consumi e alle attività di imprese.
  • Riduzione di consumi ma non di reddito dei consumatori;
  • Riduzione della produzione senza mutamenti dei parametri di convenienza produttiva.

Se ne ricava il quadro di una economia razionata, che è poi la buona notizia, perché:

  • sarà una situazione transitoria;
  • non ci sono impedimenti ad adottare azioni di contrasto a livello statale ed europeo (es. Eurobond) per problemi di tipo economico.

E come si svilupperà il razionamento dell’economia?

A fasi. Dal primo impatto (contenuto per noi) della chiusura delle fabbrche in Cina che hanno in parte interrotto alcune catena di valore si è già passati per la seconda fase, ossia l’affossamento di alcuni settori legati ai nuovi comportamenti adottati dai consumatori (per esempio, il turismo è stato il primo a tracollare perché la gente ha annullato viaggi e vacanze): qui si tratta di una crisi già grave, ancorché contenuta a settori ben identificati. La Fase 3 sopraggiunge con l’introduzione delle limitazione dei comportamenti sociali che inducono per forza di cose la distruzione diffusa di tutta l’economia in tutti i settori (la gente non circola, quindi acquista meno; inoltre c’è la serrata di tutte le attività al dettaglio nn indispensabili). Due terzi delle perdite viene causato dalla Fase 3, ma è l’ultima, la quarta, a essere quella potenzialmente più pericolosa perché il blocco delle produzioni potrebbe essere un punto di non ritorno per le avrà conseguenze a cascata e prolungate nel tempo.

A che punto siamo e quando finirà?

Attualmente stiamo vivendo in Italia la fase 3, mentre in Europa gli altri Paesi ci stanno arrivando.

Fare però previsioni su quando ciò finirà è arduo perché dipende da fattori sanitari che non sono facilmente valutabili. Economicamente è importante che finisca la fase 3. Attualmente le ipotesi sono di graduale normalizzazione a partire da maggio (forse da giugno) ma sulla base dell’esperienza cinese in 4/6 mesi la situazione dovrebbe normalizzarsi (contro i 2 anni di normalizzazione del 2009, giusto per dare un’idea di come la situazione sia diversa).

Della fase 4, che comunque arriverà, gli effetti si vedranno macroscopicamente nel secondo trimestre del 2020, con un riassorbimento che andrà avanti nel 2021.

Settore delle costruzioni

Il nostro settore ha fortunatamente scampato le Fasi 1 e 2 e poco ha sofferto della Fase 3. Ma non potrà sfuggire alla Fase 4 per i motivi più che logici che non stiamo a riportare qui. La buona notizia è che ne uscirà prima degli altri settori manifatturieri, perché non dipende dalla flessione degli scambi. Inoltre potrebbe trarre beneficio dagli investimenti pubblici di cui già si sta parlando, dallo sblocco dei cantieri e dalle risorse già stanziate (Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 8 – https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/03/17/20G00034/sg). Possibili anche incrementi futuri di 3 miliardi all’anno fino al 2022.

A cosa stare più attenti?

Consolidato che gli aiuti pubblici non solo si possono fare, ma si devono fare e che quanto intrapreso dal Governo finora non è il massimo che si può e si deve fare, è fondamentale assicurarsi che tali risorse pubbliche (i flussi monetari) arrivino direttamente alle imprese per scongiurare il rischio che chiudano per mancanza momentanea di liquidità, creando un danno permanente alla capacità produttiva.

Bisogna far sì che le imprese siano in grado di poter pagare dipendenti, fornitori e siano in grado di ricominciare a produrre non appena la situazione migliori. Ben vengano tutti i possibili strumenti:

  • stanziamenti pubblici;
  • cassa integrazione;
  • sospensione pagamenti tributi;
  • misure per aumentare prestiti alle imprese.

Inoltre sono e resteranno cruciali i tempi di attuazione, legislativa e pratica, di tali provvedimenti.

Cruciale non perdere la fiducia

Se la situazione dovesse prolungarsi più a lungo di quanto previsto (oltre maggio-giugno), il fattore fiducia dell’imprenditore nel futuro positivo dell’economia diventerà fondamentale. Ma a mantenere il sentiment imprenditoriale positivo dovrebbe arrivare la sospensione/eliminazione di molti/tutti i vincoli burocratici che finora si sono interposti all’avvio di cantieri. Lavori che porteranno un cospicuo flusso finanziario al settore che, a sua volta, lo investirà anche nell’acquisto di nuove macchine e attrezzature, dando respiro all’intera filiera.

E con l’Europa?

La Banca Centrale Europea interverrà con l’iniezione di un massiccio flusso monetario, benché la leva monetaria sia già ampiamente favorevole all’economia. Improbabile che si riesca a giungere a un accordo per cambiare lo statuto del MES facendo decadere le stringenti condizioni che oggi vincolerebbero un eventuale richiesta di aiuti. Se la situazione resta invariata, la strada del MES sarebbe un suicidio economico per l’Italia. Meglio eventalmente la soluzione eurobond, perché alla fine degli effetti della crisi economica Covid-19 (ossia 2021-2022) potrebbe aprirsi uno scenario di crisi economica in Italia, a causa dei conti massacrati dagli aiuti erogati al tessuto produttivo e con un debito che potrebbe attestarsi al 150% del PIL: con eurobond tale crisi sarebbe suddivisa su tutti gli stati dell’Unione Europea e non solo sull’Italia

Noleggio

Attualmente le attività di noleggio rimangono aperte in supporto alle attività essenziali. Quindi l’erogazione del servizio di noleggo dipende dal motivo per cui si richiede lo stesso.

Che la crisi possa trasmutarsi in un’ulteriore spinta al noleggio è plausibile, perché si tratta di un servizio mirato e specifico, che impiega un capitale più contenuto rispetto a un acquisto diretto, quindi è una possibile soluzione imprenditoriale.

Le parole di Mirko Risi

Mirco Risi

Presidente di UNACEA, nonché titolare di Simex, Mirco Risi è intervenuto nella fase finale dell’incontro: “Per ora una riapertura delle attività produttive il 6 aprile è un’ipotesi remota. Ad oggi gli imprenditori italiani si trovano a fronteggiare una realtà fatta di crediti incerti e debiti certi; di personale che – giustamente – non se la sente di rientrare a lavorare; di magazzini pieni di prodotti che nessuno acquista. È ovvio che in tale frangente l’imprenditore sia incerto e in ansia per il futuro perché si tratta di una situazione assolutamente mai affrontata prima. Ma gli imprenditori devono cercare il coraggio nella loro ansia e adottare comportamenti ponderati. In tal senso momenti di confronto come questo che ha riunito noi associati, attori della stessa filiera, sono importanti e lo saranno sempre di più. Per cui esorto tutti a continuare su questa strada, continuare a confrontarsi per far nascere nuove idee, strategie e sinergie; continuare sperare; e, soprattutto, fare tutto il possibile per poter riaprire le proprie attività il prima possibile, in salute, e con un futuro plausibile davanti. In quest’ottica” prosegue Risi, “con la videoconferenza di oggi iniziamo un lavoro di intelligence economica che ci porterà tra giugno e luglio a elaborare scenari previsionali di maggior dettaglio per quanto riguarda le macchine per costruzione. Nel frattempo è fondamentale evitare che la crisi in atto distrugga la capacità produttiva delle imprese. Ecco perché le risorse (al momento ancora insufficienti) messe a disposizione dal governo devono arrivare direttamente al sistema produttivo. Solo in questo modo potremo riprendere a lavorare una volta che l’emergenza sarà rientrata. Inoltre chiediamo che venga utilizzato il “metodo Genova” per rilanciare quanto prima i lavori pubblici, ormai non più rinviabili. Auguri a tutti!”